Le grandi città della Cina non sono solo grattacieli, luci e modernità. Esistono ancora quartieri poveri, malamente illuminati, con case basse, vecchie e fatiscenti. In uno di questi sobborghi abita l’umile Yang, meccanico, con la moglie e Bao, il figlio diciottenne che aspira ad iscriversi all’università.
Le preoccupazioni economiche sembrano schiacciare Yang: nel constatare con amarezza il magro incasso della giornata, apprende che il quartiere sarà presto demolito per far posto a appartamenti nuovi e costosi, che lui non si potrà mai permettere. Trova una via d’uscita nella vendita di un rene da trapiantare alla sorella del ricco Li, che lo ricompensa generosamente. Yang agisce di nascosto, per non far pesare alla famiglia questo suo enorme sacrificio e mente raccontando di una ferita causata in un incidente, poi risarcita con un premio. Ma quando apprende che il suo rene è stato rigettato dopo il trapianto, le carte si scoprono.
Esiste solo un altro donatore compatibile, uno su un milione, ed è suo figlio Bao. Le insistenze prima e poi persino le minacce non fanno desistere Yang: Bao è giovane, che vita avrà con un rene solo? Ma Li è disperato perché la amatissima sorella ha i giorni contati; così va direttamente dal ragazzo e lo convince promettendogli di pagargli l’università negli Stati Uniti.
A questo punto a Yang non resta che una soluzione estrema, nella quale però tutti escono perdenti, i ricchi come i poveri.
Opera prima del cinese Zang Qiwu, che ha fatto una lunga gavetta nella troupe di uno dei più grandi registi cinesi, Zhang Yimou, questa pellicola ha meritato il primo premio al 34° Torino Film Festival, con una motivazione molto significativa e sentita: “Siamo onorati di assegnare il premio a un film così meravigliosamente penetrante e così poetico nella narrazione, nella performance, nella comprensione del mondo in cui proviamo a vivere. Pensiamo di aver trovato una nuova voce del cinema cinese che ci arricchirà tutti. Grazie”.
Il premio ha trovato anche concorde il pubblico, che non di meno ha apprezzato questo lavoro che fa riflettere e discutere su temi di grande attualità e profondità. È giusto che i ricchi approfittino del corpo di persone indigenti, rendendole menomate per sempre, pur offrendo loro una possibilità di riscatto dalla miseria? Nessuno in questo film è presentato sotto una luce malvagia o perversa o addirittura disonesta: ma allora da quale parte sta il valore della persona? Fino a che punto si può arrivare a ottenere con il denaro ciò che si vuole?
Anche la necessità di colmare il vuoto della mancanza o della scarsità di dialogo in famiglia è un messaggio del film. Molto significativa è la scarna conversazione tra padre e figlio, dove quest’ultimo, ormai maggiorenne, rivendica il diritto di agire senza consultare la famiglia, proprio come aveva fatto il padre nel vendere il suo rene.
Efficaci le riprese dall’alto del sobborgo, invaso da binari di treni infiniti e immerso nel frastuono continuo dei convogli: “Di qui passano 800 treni al giorno, quale ricco ci verrebbe ad abitare?”, osserva un vicino di casa.
Significativa anche la colonna sonora in gran parte composta con il rumore di un lavatrice in funzione.
Di rara intensità l’interpretazione dei protagonisti, con dialoghi essenziali e un gioco di rimandi espressivi che denotano una grande professionalità.