“La Dea Fortuna” di Ferzan Özpetek
Ha due anime il nuovo film di Ferzan Özpetek; la prima guarda ai suoi successi precedenti (Le fate ignoranti, La finestra di fronte, le parti migliori di Saturno Contro), prende quei sentimenti là narrati e li evolve con umanità e tenerezza, scanditi dal tempo e dall’età; la seconda è più fiabesca, entra in scena la cattiveria del mondo, rappresentata da una anziana arcigna, ed ha la pecca imperdonabile, per come rappresentata, di far perdere l’equilibro al La dea fortuna.
Leo, Alessandro, idraulico, Accorsi, Arturo, traduttore e storico, sono una coppia da oramai quindici anni, si conoscono bene, si sono perdonati e si perdonano scappatelle, ma la passione folgorante dei primi tempi si è trasformata in un legame stretto che sta stritolando entrambi, un legame che non sanno come affrontare. Vivono in un appartamento con una bella terrazza che si affaccia su un cortile interno dove negli altri appartamenti vive quella che è la loro famiglia allargata: basta chiamarsi dal terrazzo per comunicare.
Quando una loro carissima amica, Annamaria, la stessa che anni prima li aveva presentati, lascia loro “in affido, i suoi due figli (Martina – Sara Ciocca; Alessandro – Edoardo Brandi) perché deve essere ricoverata in ospedale per alcune analisi molte serie, Alessandro e Arturo fanno i conti con un ulteriore passo, inesplorato, sconosciuto, difficile per una coppia come loro: il rapporto con due bambini di 8 e 10 anni, il rapporto di responsabilità genitore/figlio, il rapporto non esisto più solo io/solo noi come coppia.
Mezz’ora forzata, grottesca, incongruente, nel tono e nel dramma, nello sviluppo dei sentimenti di Alessandro e Arturo.
Peccato perché il film trasportava lo spettatore con sincerità nell’intensità della vita, nella bellezza misteriosa della generosità dell’amore, nella fragilità dell’umanità che affronta il dolore. Non c’era bisogno di aggiungere altro.