Tratta dall’omonimo romanzo (2015, edito in Italia da BUR) vincitore del Premio Pulitzer di Anthony Doerr, diretta da Shawn Levy e scritta da Steven Knight, è in arrivo su Netflix la miniserie con protagonista la notevole esordiente Aria Mia Loberti (scoperta da Levy in un casting globale a cui hanno partecipato attrici cieche e ipovedenti), Mark Ruffalo e Hugh Laurie.

Marie-Laure, una ragazza francese non vedente, e suo padre, Daniel LeBlanc (Mark Ruffalo) fuggono dalla Parigi occupata dai tedeschi con una preziosa, potente ma maledetta pietra, per impedire che finisca nelle mani dei nazisti.
Braccati senza sosta da un crudele ufficiale della Gestapo che vuole impossessarsi della pietra preziosa per il suo interesse personale, Marie-Laure e Daniel trovano presto rifugio a St. Malo, dove vanno a vivere con uno zio (Hugh Laurie) reduce di guerra, che diffonde le trasmissioni clandestine per la resistenza.
In questa cittadina sul mare una volta idilliaca, il percorso di Marie-Laure incrocia i quello di Werner, un adolescente geniale arruolato dal regime di Hitler per rintracciare le trasmissioni illegali, che invece possiede un legame segreto con Marie-Laure, con la sua fiducia nell’umanità e la sua speranza.
Intrecciando abilmente le vite di Marie-Laure e Werner nel corso di un decennio, Tutta la luce che non vediamoracconta la storia dell’incredibile potere dei legami tra le persone, un faro di luce che può guidarci anche nei tempi più bui.

Sviluppata su 4 episodi da circa un’ora ciascuno, è una storia di speranza che non riesce a cogliere la suspense del romanzo né la poeticità delle sue parole (gran parte del romanzo si basa sui pensieri interiori dei protagonisti), mettendo in scena personaggi che non riescono a trovare profondità e approfondimento, per prediligere le scene d’azione. Con un CGI ben progettata, gli episodi sono girati su due piani narrativi: “il presente” cioè la prossimità dell’arrivo degli Americani con gli ultimi feroci attacchi nazisti alla Francia, e il passato che mostra Marie-Laure bambina educata con infinita dolcezza e attenzione dal padre, e racconta anche l’arruolamento di Werner.

In gran parte della serie è stata girata a Budapest e Villefranche-de-Rouergue, la miniserie è prodotta da Shawn Levy, Dan Levine e Josh Barry per 21 Laps Entertainment, la casa di produzione dietro al fenomeno globale Stranger Things, al film candidato agli Oscar Arrival, alla serie Netflix di successo Tenebre e Ossa, e ai film Free Guy e The Adam Project. Anche Steven Knight è produttore esecutivo, mentre Joe Strechay (See, The OA) è produttore associato e consulente per la cecità e l’accessibilità.
Dal 2 novembre su Netflix.