È un ragazzo di 91 anni, il regista Paolo Taviani, che parlando dei giovanissimi interpreti diretti in questo film, osserva: “Il cinema mi sorprende ancora alla mia giovane età” e torna in concorso a Berlino, da solo , dieci anni dopo l’Orso d’Oro con “Cesare deve morire”.
Paolo Taviani con Leonora addio, esplora nuovamente Luigi Pirandello dopo Kaos del 1984 e Tu ridi del 1998, ispirati a novelle del scrittore siciliano.
Commovente è la dedica nei titoli di testa “a mio fratello Vittorio”, una carriera svolta insieme per tutta la vita, in un’endiadi che solo la morte ha potuto scindere.
Benché il film non parli mai dell’omonima novella di Pirandello, il tema centrale è comunque lo scrittore. Nella prima parte, infatti, si racconta della paradossale e grottesca epopea del ritorno in Sicilia delle ceneri di Luigi Pirandello, premio Nobel per la letteratura nel 1934 che morì nel 1936, ma lasciò scritto di essere cremato e le ceneri sparse nella sua natia Caos. La cosa non piacque al regime fascista e per dieci anni i suoi resti rimasero in un loculo a Roma. In quel periodo l’Italia era percorsa dai terribili anni della guerra. Anni rievocati attraverso brani e citazioni degli archivi Luce e di film, oltre che dei Taviani stessi, anche del neorealismo: De Sica, Rossellini, Visconti. Precisa Taviani: “Il neorealismo non è stato un cinema normale, ma un avvenimento”.
La seconda parte del film si collega alla prima attraverso la messa in scena della tragica novella “Il chiodo”, che Pirandello scrisse appunto poco prima di morire.
Protagonista in definitiva sembra essere la Sicilia, che i due registi toscani hanno molto amato. L’addio a Leonora pare in dunque in qualche modo un addio al fratello Vittorio.
Un applauso lungo e affettuoso è stato tributato all’anziano regista dal pubblico in sala durante la conferenza stampa, condotta dal direttore artistico della Berlinale, l’italiano Carlo Chatrian.
“I racconti, come le idee – dice Taviani – , sono come sacchi, che rimangono leggeri se non si riempiono di idee” Ho preso la forza di fare un film senza mio fratello perché proprio quando le cose vanno male è necessario trovare una risposta; questo film è nato in due anni di lavoro difficile a cause delle interruzioni per il covid. Siamo stati fermi due mesi e ringrazio il covid perché in quei due mesi ho avuto delle idee nuove.”
E spiega: “Il film inizia l’immagine di un teatro e finisce con un teatro (è quello dell’Opera di Roma) e un applauso, a significare che il lavoro di Pirandello è spettacolo, come il nostro.”
Film malinconico e poetico, a tratti ironico e romantico, sempre raffinato e con bellissime immagini e musiche, coprodotto da RAI Cinema e distribuito da Fandango.