Alcuni aspetti della storia della Germania del periodo nazista sono stati solo in parte raccontati e fuori dalla Germania restano misconosciuti, quasi fossero tabù inconfessabili. Eppure è esistita anche nel terzo Reich una resistenza. Sono stati uomini e donne, militari e civili, che ha tentato disperatamente di opporsi a Hitler.
Oggi il cinema sta iniziando a riscoprire questi risvolti, tanto più eroici (ricordiamo il concetto del Galileo di Brecht: “Disgraziato quel Paese che ha bisogno di eroi!”), quanto atrocemente ed esemplarmente repressi. Ricordiamo per esempio lo struggente Rosenstrasse (Margarete Von Trotta del 2003); il grandioso Operazione Walchiria (Brian Singer, del 2008, con Tom Cruise). Nell’interessante filone di riscoperta e divulgazione della resistenza tedesca si profila questa pellicola di produzione anglo-franco-tedesca, presentata al Festival del cinema di Berlino del 2016 e accolta dal pubblico con entusiasmo.
La struttura narrativa è quella di un thriller, serrato, denso, ben condotto. Ma la cornice è drammatica: siamo a Berlino nel 1940, nei primi mesi dunque del secondo conflitto mondiale. Il giovane e zelante Escherich (Bruehl), commissario della Gestapo, conduce una difficile indagine su misteriose cartoline che appaiono improvvisamente in punti ben visibili della città e per giorni continuano a essere esposte da persone ignote, in quartieri sempre diversi. Lo spettatore sa che si tratta dei disperati appelli di due genitori, i coniugi Quangel (Thompson e Gleeson). Costoro, dapprima nazisti convinti, hanno appena perduto il loro unico figlio, morto nell’occupazione di Parigi, e hanno improvvisamente aperto gli occhi sulla reale faccia del nazismo e sugli inganni di Hitler. Scopo della loro vita è da ora in poi di far aprire gli occhi anche agli altri tedeschi, affinché vedano e capiscano anch’essi la terribile verità.
Nel corso dell’indagine il commissario, leggendo quegli appelli, capisce che cosa essi davvero significhino e anche il suo zelo vacilla. Eppure non ha il coraggio di opporsi, perché sa, e anche troppo bene, a quale destino sarebbe andato incontro nell’immediato. Senza purtroppo capire che se solo fossero stati tanti di più i tedeschi con il coraggio di opporsi, come i coniugi Quangel, forse si sarebbe potuta arginare la catastrofe alla quale l’intera Germania sarebbe andata incontro entro breve tempo.
“Ognuno muore solo” è il romanzo dal quale è stato tratto il film, basato sulla vera storia di Otto e Elise Hampel, che tra il 1940 e il 1943 si opposero al nazismo e furono infine decapitati. Composto nel 1947, fu l’ultimo dello scrittore tedesco Hans Fallada (1893 – 1957) e apprezzato anche da Primo Levi. Fallada era annoverato dal nazismo tra gli artisti cosiddetti degenerati e le sue opere proibite, tra quelle finite nel rogo dei libri del maggio del 1933.
Il regista Vincent Perez ha voluto con questa opera contribuire a dare voce una minoranza oscura e misconosciuta, considerandosi moralmente in obbligo di realizzare un omaggio alla nazione di origine di sua madre.
Un film interessante, ottimamente condotto e altrettanto ben interpretato. Sicuramente una pellicola che è importante vedere per come illustra una delle più atroci pagine della storia europea.
Titolo originale: Alone in Berlin
Conosciuto anche come: Jeder stirbt für sich allein
Nazione: Regno Unito, Francia, Germania
Anno: 2016
Genere: Drammatico
Durata: 97′
Regia: Vincent PérezCast: Emma Thompson, Brendan Gleeson, Daniel Brühl, Mikael Persbrandt, Katharina Schüttler, Louis Hofmann, Jacob Matschenz, Uwe Preuss
Produzione: X-Filme Creative Pool, FilmWave, Master Movies
Distribuzione: Videa – CDE
Data di uscita: Berlino 2016
13 Ottobre 2016 (cinema)