“Marino Marini. Passioni Visive” è un’esposizione chiara e piacevole ospitata in questi mesi alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia. Mostra itinerante, curata da Flavio Fergonzi e Barbara Cinelli, è da poco approdata a Venezia dopo una prima tappa a Pistoia, terra originaria dell’artista.
Le opere esposte, circa una settantina e quasi tutte sculture, dialogano perfettamente tra loro all’interno di un ambiente semplice e accogliente. Il percorso suggerisce sin dall’inizio validi accostamenti tra l’arte dell’Italia arcaica e l’opera di Marini, ad accompagnare infatti i volti di terracotta contemporanei vi sono visi etruschi e busti rinascimentali. Anche il doppio ritratto Il Popolo (1929), uno dei preferiti dello scultore, condivide lo spazio espositivo con una coppia ben più antica. Gli accostamenti proseguono lungo le sale attraverso le opere di altri noti artisti come l’amico Arturo Martini, il maestro Rodin, la compagna Germaine Richier e il moderno Henry Moore.
Marini ha saputo cogliere aspetti profondi dell’essere umano, soprattutto in un periodo tormentato come quello in cui ha iniziato a produrre le sue prime opere. Sculture come Icaro (1933) o Il Miracolo (1955) riflettono un aspetto tragico della condizione umana, mentre Il Nuotatore (immagine in legno di rara bellezza) coglie un momento di pausa nella giornata di un ragazzo, così come Il Pugile del 1935. A parte alcuni disegni che in pochi tratti fanno emergere sul foglio forme giunoniche, l’unico dipinto presente in mostra è un quadro di Picasso che sembra scaturito da una conversazione tra il genio spagnolo e l’artista italiano. L’interesse di Marini per la plasticità delle figure è palese già nelle opere a inchiostro su carta, i volumi si concretizzano poi nelle serie di sculture dedicate a Pomona, una immagine primigenia del femminino dove il corpo della donna è “un ponte per raggiungere la poesia”.
Durante il periodo trascorso in Svizzera – a seguito dei bombardamenti di Milano – lo scultore studia l’opera di altri grandi artisti come Auguste Rodin, con cui condivide la medesima ossessione per le forme. Tra le sale più suggestive della mostra vi è, senza dubbio, la sala dei cavalieri, simboli contraddistintivi di Marini che gli procureranno il successo Oltreoceano. I cavalieri sono un grido di libertà e di gioia dell’essere umano, in queste diverse figure Marini plasma una fusione tra la natura e l’uomo, rivelando l’istante in cui quest’ultimo diventa un osservatore dell’universo. Lo scultore fa tesoro della lezione degli antichi per affrontare l’epoca moderna e produrre, grazie alla sua personale poetica, manufatti che esprimono il concetto di eternità. Ad esempio il ritratto del gallerista Carlo Cardazzo travalica il Novecento, così come le piccole statuette di cavalli e giocolieri sono atemporali.
Le opere di Marini riescono a esprimere concetti universali con incredibile eleganza e il messaggio che portano arriva diretto allo spettatore perché parlano una lingua antica, probabilmente innata in noi.
Marino Marini. Passioni visive
27 gennaio – 1 maggio 2018
Collezione Peggy Guggenheim
Palazzo Venier dei Leoni, Dorsoduro, Venezia
Orario:
Apertura 10-18 tutti i giorni
Chiuso il martedì
http://www.guggenheim-venice.it