Secondo lungometraggio per la documentarista hongkonghese Elizabeth Lo, che in Stray (2020) esplorava i fenomeni dell’inurbamento e dell’abbandono attraverso lo sguardo “esterno” di tre cani randagi per le strade di Istanbul, Mistress Dispeller entra a gamba tesa nella vita di una coppia in crisi per raccontare, questa volta dall’interno, uno spaccato di società cinese che, nonostante le innumerevoli specificità culturali, fa appello a sentimenti universali: la paura di non essere abbastanza, il desiderio di essere accettati, come anche quello di poter riavvolgere il nastro della vita. Resta tuttavia il sospetto di una oculata messa in scena, nonostante le smentite dell’autrice in tal senso.
A Luoyang, città principale della provincia dello Henan rinomata per le sue peonie e il passato di capitale imperiale, si consuma la tragedia privata della signora Li, che da qualche mese ha scoperto la relazione adulterina del marito con una donna più giovane, tale Fei Fei. Per intermediazione del fratello, si convince quindi a richiedere i servigi della signorina Wang, una “allontanatrice di amanti” che, presentandosi come un’amica di famiglia, si avvicinerà gradualmente al marito, e quindi alla sua amante, per farli lasciare senza che la questione finisca in tragedia – o peggio, in tribunale per le pratiche del divorzio.

Risultato di diversi anni di lavoro, Mistress Dispeller è un progetto nel quale sono state coinvolte svariate coppie e “allontanatrici” di professione, alle quali è stato chiesto il permesso di documentare il delicato processo di rottura, articolantesi in avvicinamento del coniuge fedifrago, avvicinamento dell’amante, separazione e successiva riappacificazione delle parti coinvolte. Difficile immaginare come, in una società così sensibile al pudore e all’immagine come quella cinese di oggi, qualcuno abbia potuto accettare di collaborare fino alla fine della vicenda, e non a caso a un certo punto tutti se ne sono tirati fuori. Tutti meno i coniugi Li, a quanto pare, ai quali è stata data comunque la possibilità di ritirare la propria disponibilità – e in tal caso, il film avrebbe virato su una panoramica più generale sull’industria del matchmaking nel Paese di mezzo, come dichiarato dalla stessa regista. Eppure, la volontà della signora Li, come anche dell’amante Fei Fei, di fare del loro caso un esempio, è prevalsa. Nelle intenzioni dei partecipanti, Mistress Dispeller sarebbe dunque un monito alle nuove generazioni: a tenere bene a mente che l’amore non riesce facile e che va difeso, ma anche che esso può rappresentare poco più di una parentesi in un’esistenza che bisogna imparare a trascorrere da soli.
Leggermente diverso il taglio che Lo pare invece suggerire, la quale pure si sarebbe imbarcata in questa produzione pluriennale per comprendere come l’amore romantico dei grandi film hollywoodiani, che ha definito l’immaginario e il vocabolario sentimentale della sua generazione, si concreti al di qua dello schermo in una forma di amore le cui componenti preponderanti sono il senso del dovere e la capacità di accettare le cose per quello che sono.
Nel complesso, quello che da Mistress Dispeller emerge è il ritratto di una società dove la collisione tra i valori confuciani – per i quali, se agli uomini si richiede di provvedere in tutto e per tutto alla propria famiglia e non mostrare mai segno di debolezza, alle donne si richiede totale abnegazione al marito e ai figli – e il benessere senza precedenti, esito della liberalizzazione iniziata a fine anni Settanta da Deng Xiaoping, ha prodotto esiti quasi distopici.

Le allontanatrici di amanti, un servizio a conti fatti sviluppatosi solo negli ultimi anni, non sono infatti che la punta dell’iceberg: “matchmaking di Stato” nei luoghi pubblici – dove chiunque può lasciare un volantino con il proprio profilo e ID di WeChat, nella speranza di trovare l’anima gemella –, conferenze di esperti pagati dal governo per spiegare come convolare rapidamente a nozze e far funzionare il matrimonio, dating app e agenzie matrimoniali che abbinano i propri utenti sulla base di criteri incredibilmente specifici e materialisti, non sono una deviazione dalla norma ma la prassi in un paese in cui il calo delle nascite, combinato alle aspettative di genitori e coetanei, sta producendo una vera psicosi di massa, per la quale il matrimonio diventa soltanto una delle innumerevoli tacche da aggiungere alla propria checklist di conquiste individuali.
Ciò detto, per quanto interessante in quanto documento sociale, Mistress Dispeller non riesce ad allontanare il dubbio di una struttura fondamentalmente scripted, a partire dalle perle di saggezza della signorina Wang – snocciolate in un sapido botta e risposta con i suoi interlocutori che lascia stupiti per rapidità e acume –, ma anche considerando la facilità con cui il signor Li e poi Fei Fei si sbottonano con un’estranea circa i propri rapporti extraconiugali. Dubbio che inevitabilmente mina l’onestà intellettuale dell’operazione, il cui intento documentario sembra a questo punto secondario rispetto alla ricerca della sensazione.