Dopo Ex Libris, in concorso lo scorso anno, Wiseman, moderno maestro del documentario, torna al Lido per raccontare la vita di una cittadina rurale americana. La prescelta è Monrovia, in Indiana, popolazione quasi del tutto bianca e con forti radici contadine e cristiane. Monrovia è una cittadina con uno forte spirito comunitario, un punto nell’immensità di campi di grano e granturco che ricoprono l’Indiana; una cittadina esemplare di ciò che sono i veri Stati Uniti, di quella identità rurale e legata alle proprie radici che noi Europei, da lontano, facciamo spesso fatica a capire.
In città come Monrovia Trump ha costruito il suo trionfo, giunto inaspettato persino ai membri del suo stesso partito. Forse è questo che ha spinto Wiseman a portare qui le sue macchine da presa e il suo occhio inquisitivo, e a raccontare la vita quotidiana, gli eventi, ma soprattutto le persone di Monrovia. Ciò che ne esce è il ritratto di una comunità molto unita e solidale, in cui tutti conoscono tutti e ci si dà una mano l’un l’altro. Allo stesso tempo, tuttavia, Monrovia è una comunità chiusa: ogni progetto di espansione viene avversato, ogni suggerimento di “contaminare” la città con nuovi arrivi respinto con sospetto. Esemplari sono, in questo senso, le riunioni di vari comitati cittadini ed enti pubblici che discutono del futuro della città e dei suoi attuali problemi.
Il grande merito di Wiseman è quello di presentare ciò che osserva senza dare un giudizio, ma anzi cercando di mostrare il lato più umano dei suoi soggetti. In questo senso, Monrovia, Indiana può essere visto come l’equivalente documentaristico di Tre Manifesti a Ebbing, Missouri, un ritratto utile ed efficace per chi non ha ancora capito che molti elettori di Trump non sono pazzi fanatici, bensì persone che hanno visto e vedono minacciato il proprio stile di vita e i propri valori a causa di globalizzazione e crisi economica.
Allo stesso tempo, tuttavia, Monrovia, Indiana manca dell’incisività di altri lavori di Wiseman, come ad esempio In Jackson Heights, nell’identificare le cause del disagio sociale che vediamo ribollire sotto la superficie, ma mai analizzato in profondità. Gli effetti della crisi economica non sono mai presentati, ma vanno indovinati, e questo finisce per depotenziare l’analisi sociologica del film.
Il mosaico composto da Wiseman è comunque affascinante, ed è come sempre poliedrico e sfaccettato. Alcune scene sono davvero illuminanti, ma anche quelle che a un primo sguardo possono sembrare poco interessanti costituiscono un’importante tessera di un’opera che racconta non solo una città, ma un intero mondo che la classe intellettuale, statunitense e non, si ostina a ignorare. Un mondo affascinante, ricco di contraddizioni ma anche di valori positivi, che andrebbe esplorato a fondo al fine di comprenderne meglio le istanze, proteggendolo da una morte che sembra inevitabile (non è un caso che il film si chiuda con un funerale), il cui spettro finisce per generare paure e mostri.