Franco-canadese, classe 1997, Alexandra Simpson porta al Lido in occasione della trentanovesima Settimana Internazionale della Critica No Sleep Till, film che segna il suo esordio dietro la macchina da presa alla regia di un lungometraggio. Siamo in Florida, in una città costiera sulla quale incombe la minaccia di un imminente uragano. Mentre i turisti abbandonano il luogo, i residenti si preparano come possono: chi abbandonando la propria abitazione, chi barricandosi in casa.

Con una regia quasi sempre invisibile, discreta e che si prende il suo tempo per (far) contemplare ogni dettaglio, Simpson segue l’agire di tre nuclei principali: l’adolescente June, due amici fraterni in cerca di piani per il futuro lontani da casa e un solitario cacciatore di tornado.

Per il suo debutto alla regia, Simpson confeziona un film in cui l’enfasi è tutta o quasi sulla dimensione degli spazi e sul rapporto tra i personaggi e gli ambienti, che fungono da strumenti che portano a riflessioni introspettive, e si focalizza meno sulla parte narrativa in sé e per sé. L’uragano che si avvicina diventa così l’occasione, per i protagonisti, di riflettere su se stessi, sulle scelte da compiere, su un futuro incerto e sulle possibilità di intraprendere nuovi percorsi e in questo senso l’esempio più lampante è quello dei due amici.

I protagonisti, le cui storie vengono seguite in parallelo e con bell’equilibrio, si muovono quasi fossero fantasmi che popolano gli ampi spazi desolati – magnificamente fotografati – funestati dalla minaccia imminente. A fare da sottofondo, quasi fosse una colonna sonora, i bollettini radio e gli aggiornamenti in diretta sullo stato della tempesta, in un film che fa dell’economia di parole una cifra stilistica perfetta in questo contesto. No Sleep Till è un film che difficilmente si potrà inserire nel contesto di una distribuzione mainstream o commerciale e che probabilmente avrà un futuro nei contesti festivalieri grazie anche alla premiere veneziana.