Nel Regno Unito appena uscito vincitore dalle guerre con Napoleone, l’aristocrazia non vede l’ora di ricostruire l’ordine costituito. La Rivoluzione Francese, tuttavia, ha lasciato il segno: il popolo reclama il suffragio universale, e i diritti loro garantiti fin dalla Magna Charta.

Mike Leigh racconta l’inevitabile conflitto che scaturisce, e che culminerà nel massacro di Peterloo, in cui la cavalleria armata caricò circa 60.000 civili pacificamente riuniti per assistere a un comizio. Leigh racconta questa storia con un taglio corale, concentrandosi su una multitudine di personaggi che ben rappresentano le diverse classi sociali e istanze del periodo.

Il film procede per quadri, con dialoghi ben costruiti che restituiscono le psicologie di personaggi quasi archetipici con cui è impossibile non relazionarsi. I protagonisti sono buoni o cattivi, non esistono zone d’ombra. Se questo normalmente sarebbe un demerito, in un film del genere diventa l’unica scelta possibile per portare avanti il messaggio che interessa al regista: il contrasto tra potere e diritti, e in particolare l’ostinato e rabbioso rifiuto dell’aristocrazia di riconoscere alcun diritto ai loro sottoposti. Gli aristocratici e i burocrati sono disumani, quasi caricaturali nella loro crudeltà, ma è davvero difficile riuscire a immaginare diversamente coloro che autorizzarono e, anzi, incoraggiarono un tale barbaro attacco contro dei civili inermi.

Se la storia raccontata è interessante, e non annoia mai nonostante la durata cospicua, il film risulta però nel complesso poco innovativo, e forse immeritevole di una vetrina tanto importante come quella della Mostra del Cinema. La resa visiva è infatti buona, ma dello stesso livello di uno sceneggiato in costume della BBC, senza alcun guizzo registico né alcuna immagine particolarmente degna di nota, nonostante il tentativo di resa pittorica di alcune scene.

Peterloo è un buon prodotto artigianale, realizzato con passione e grande attenzione. Tuttavia non è certo tra i film più riusciti di Mike Leigh, e risulta fuori posto in un contesto che dovrebbe celebrare l’arte cinematografica, e non dovrebbe quindi presentare in concorso film che non brillano né per originalità, né per forza del messaggio.