C’era una volta….
— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.
— No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno.
Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d’inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.
Secondo Italo Calvino le fiabe sono “vere” perché nelle loro trame è possibile riconoscere una specie di catalogo esaustivo dei destini umani. Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino (1880-83) di Carlo Collodi che apparvero per la prima volta sul “Giornale per i bambini” diretto da Guido Biagi con il titolo La storia di un burattino, rivive (per circa la 40. volta tra film tv, film incompiuti, mai distribuiti, versione animata, dal primo (1911) opera prima di Giulio Cesare Antamoro, a quello di Carmelo Bene del 1964, passando per Disney, arrivando a quello di Comencini (1972) scritto con Suso Cecchi D’Amico) sul grande schermo diretto da Matteo Garrone.
Matteo Garrone, torna al genere fiabesco dopo lo spettacolare Il racconto dei racconti, e lo fa con una storia che lo lega e accompagna sin da quando era piccolo e disegnava il burattino protagonista di Collodi.
Costato quasi 15 milioni, Pinocchio esce il 19 in 600 copie che saliranno a 700 a Natale. Garrone dice di aver fatto sulla sceneggiatura, scritta con Ceccherini, un mero lavoro di potatura, ispirandosi soprattutto al primo illustratore di Collodi, Enrico Mazzanti.
Didascalico e didattico, Garrone illustra, sfoglia, più che racconta la storia di Pinocchio. Emoziona? No. Almeno non nel senso in cui, giusto per fare un esempio semplice semplice, le favole in versione Walt Disney potevano emozionare. Del resto non crediamo sia intenzione di Matteo Garrone dirigere un film per far scintillare gli occhi. Qui non si deve cercare l’incanto, ma l’inno alla profondità della vita.
Questo tipo di approccio lo ha già dimostrato con Il racconto dei racconti, portando in scena la crudezza della lezione impartita dalle favole: state attenti a ciò che desiderate. Così, seguendo il suo immaginario, il regista sceglie di comunicare la potenza del racconto, fantastica e realistica, nel senso di moderna, allo stesso tempo.
Emoziona, quindi, nel senso che spezza il cuore, stringe l’anima con la malinconia nel momento in cui mostra i dettagli di una vita contadina povera, dove l’agiatezza è un piatto di minestra calda e la vera ricchezza è l’arrivo di un figliolo.
«La povertà di Geppetto è la madre di tutte le ricchezze, che ti fa sembrare la vita un miracolo, qualunque cosa accada: c’è Chaplin dietro di noi» ha spiegato Roberto – Geppetto – Benigni in conferenza stampa.
Questo Pinocchio è il viaggio di un burattino che impara a discernere i suoi istinti e a diventare un ometto in carne e ossa. In un villaggio grigio di povertà, in Toscana, un esperto falegname Mastro Ciliegia (Paolo Graziosi) si trova alle prese con un pezzo di legno ribelle, che si muove, si sposta, non sta fermo. Spaventato, consegna il ciocco di legno a Geppetto (Roberto Benigni), un volenteroso falegname, “morto di fame”, che per combattere la sua solitudine decide di farne un burattino.
E poi la storia è nota: la gioia quando ancora da finire, dai lineamenti da burattino arriva la parola “babbo”, il copriletto strappato per crearne un vestito (Pinocchio sarà il più elegante), la giacca e il gilet venduti per comprare l’abbecedario al motto di “studia Pinocchio, devi studiare”, il teatro dei burattini (marionette in carne e ossa con fili che ricordano il corto di Pasolini del 1969 Che cosa sono le nuvole), Mangiafuoco (Gigi Proietti), il gatto e la volpe, i consigli inascoltati del Grillo Parlanten (Davide Marotta), la Fata Turchina (Alida Baldari Calabria e Marine Vacht) con la sua fedele governante Lumaca (Maria Pia Timo), Lucignolo (Alessio Di Domenicantonio) e il paese dei Balocchi fino alla balena e al ricongiungimento con il padre.
Tutto si sussegue, fedele a Collodi, ma anche fedele al cinema di Garrone: «Il mio cinema si associa a qualcosa di violento, cupo, duro. Invece questo è un film con una sua leggerezza e ironia. A Pinocchio penso da quando, a 6 anni. E’ un libro su animali che diventano allegorie della società dove viviamo, dovevo capire come renderli antropomorfici, fino a che punto avvicinarli al lato umano. È una favola che può essere letta in mille modi diversi, è una storia d’amore tra padre e figlio che, attraverso gli errori, capisce l’importanza della redenzione e di amare il padre. Pinocchio rifugge dall’ordine, insegue i piaceri e ha un debole verso le tentazioni, qualsiasi bambino vi si può riconoscere».
Roberto Benigni, sobrio Geppetto al servizio del suo Garrone, elogia il regista per aver saputo raccontare con le immagini “è un pittore, qui ritrovi dai Macchiaioli a Bosch”. Non possiamo che prendere in prestito da lui queste parole per elogiare la fotografia di Nicolaj Bruel e la scenografia di Dimitri Capuani.
Sorprendente la trasformazione antropomorfa degli animali, il Prosthetic Make-up designer di Mark Coulier (perfetti il gatto – Rocco Papaleo – e la volpe – Massimo Ceccherini, come il tonno – Maurizio Lombardi, il gorilla – Teco Celio, la lumaca, il grillo parlante, …) gli effetti visivi di One of Us e Chromatica, i costumi di Massimo Cantini Parrini, agevolano, in modo impeccabile, il lavoro di regia nel disegnare questa fiaba per il grande schermo. Le musiche di Dario Marianelli, che tanto ricordano il Pinocchio di Comencini, accompagnano la coreografia degli attori in questa dimensione narrativa che non ha limiti di età.
Non si può non parlare dell’incontro perfetto: quello tra il regista e il suo Pinocchio, Federico Ielapi, 9 anni. Già al fianco di Checco Zalone in Quo vado e di Pierfrancesco Favino nei Moschettieri del re! il giovane attore ha saputo dare l’agilità da birbante, ingenuo e furbo al burattino. 4 ore di trucco al giorno e grande dedizione, fanno di Ielapi uno dei Pinocchio migliori del cinema.
Mai come prima d’ora abbiamo letto in questo Pinocchio una allegoria della società presente. Dall’invocazione di Geppetto al suo figliolo “studia, studia”, perché solo lo studio costante e serio è la soluzione a un pericoloso ritorno del passato, fino al carro trainato dagli asini verso il paese dei balocchi, dove si fa festa tutto il giorno, lontano da responsabilità e studio, dove gli altri pensano per noi e alla fine si diventa asini.
Insomma. Un Pinocchio promosso a pieni voti.
Titolo originale: Pinocchio
Nazione: Italia
Anno: 2019
Genere: Fantastico
Durata: 120′
Regia: Matteo Garrone
Cast: Federico Ielapi, Roberto Benigni, Gigi Proietti, Rocco Papaleo, Massimo Ceccherini, Marine Vacht, Alida Baldari Calabria, Alessio Di Domenicantonio, Maria Pia Timo, Davide Marotta, Paolo Graziosi, Gianfranco Gallo, Massimiliano Gallo, Marcello Fonte, Teco Celio, Enzo Vetrano, Nino Scardina
Produzione: Archimede, Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Distribuzione: 01 Distribution
Data di uscita: 19 Dicembre 2019 (cinema)