“Il più grande sogno” di Michele Vannucci

Quando i sogni diventano realtà

grande sogno

Mirko Frezza, detto Mirkone, esce di galera dopo 8 anni e ritorna nella sua borgata alla periferia di Roma. Rientrato immediatamente nel solito giro degli “impicci” con l’amico Boccione (Alessandro Borghi) e i compagni di un tempo, gli si presenta per caso l’opportunità di diventare presidente del comitato di quartiere nello stesso momento in cui scopre che la sua compagna è incinta del loro terzo figlio. La vita lo pone di fronte a un bivio: continuare con la vita di una volta o provare a cambiare le cose – per lui, per la sua famiglia, per l’intero quartiere.

A interpretare Mirko Frezza troviamo Mirko Frezza. La storia della sua vita non può che essere interpretata che da lui. O meglio, la storia di un piccolo pezzo della sua vita, ma nondimeno un pezzo essenziale: il preciso momento in cui ha scelto di cambiare rotta, e nel farlo è riuscito a costruire qualcosa di molto più grande di lui, qualcosa che lo ha salvato.

Forse la cosa più bella dell’intero film, ricco di cose belle, è l’incredibile comicità di cui è pervaso. Che se ci pensate fa anche strano, perché alla resa dei conti nessuna delle vite proposte sullo schermo ha grossi elementi comici, si pende più sul versante drammatico. Immagino che la differenza stia nel modo in cui le cose vengono raccontate, nello sguardo di chi le osserva: un personaggio come Boccuccia può essere (ed è) la tragicità in persona, ma non qui. Qui è una macchietta, dal minutaggio ridotto, quasi invisibile, e che pure ti rimane negli occhi.

Il vero punto di forza però è la relazione Mirko / Boccione (Alessandro Borghi, già visto l’anno scorso in Non essere cattivo di Caligari, si conferma spettacolare): quasi più che non il rapporto con la moglie e le figlie, motore essenziale nella decisione di Mirko di cambiare vita, è infatti la sua amicizia con Boccione che fa da vero filo conduttore del film. E se inizialmente il visionario ottimista è Mirko, sarà proprio Boccione a mantenerlo saldamente legato al reale, quando necessario, ma anche in grado di fargli spiccare il volo, il “vento sotto le sue ali”.

A ben vedere, il legame con Non essere cattivo non è solo Borghi, ma il soggetto stesso: alla fine ciò che cercano i personaggi di entrambi i film, seppure con diversi esiti, è una redenzione da una vita che si sono trovati davanti già scritta. Perché che possibilità di riscatto possono esserci per un borgataro con un padre criminale? “A quelli come noi non va mai bene niente”, dice la moglie di Mirko.

Forse la maggior parte delle volte è davvero così, ma qui per fortuna, con questo piccolo grande sogno, siamo di fronte alla celebrazione dell’eccezione, non della regola.