Riproposto quest’anno nella nuova edizione di Ponte Alle Grazie, il capolavoro di Margaret Atwood è tornato in auge a trent’anni dalla prima pubblicazione; il merito va anche alla serie tv The Handmaid’s Tale, distribuita dalla piattaforma on demand Hulu (in italia su TIMvision).
Il romanzo è ambientato negli Stati Uniti, in un prossimo futuro post-nucleare. La nuova Repubblica di Galaad, sorta a seguito di un golpe, non è altro che un regime totalitario di ispirazione biblica: il potere è nelle mani di una setta religiosa e fortemente misogina, che limita progressivamente tutte le libertà. Il bersaglio principale sono, ovviamente, le donne, alle quali viene tolto in primis il lavoro, poi la possibilità di possedere del denaro, infine ogni forma di autodeterminazione.
Le vicende sono narrate in prima persona da Difred: come possiamo notare già dal nome, la qualità principale della donna è di appartenere a Fred. Le ancelle, infatti, sono donne ancora fertili, che vengono assegnate per scopi riproduttivi a uomini di particolare importanza (definiti “Comandanti”). Il racconto di Difred è intimo e indignante: la voce protagonista narra i rapporti delle ancelle con i loro Comandanti e con le mogli legittime; le relazioni con le altre ancelle e con le “Marte” (donne sterili assegnate al ruolo di domestiche); il ricordo doloroso della sua vita precedente, quando per una donna era normale avere un nome, camminare da sola per strada, comprare un pacchetto di sigarette.
L’episodio contenuto nel vecchio testamento che narra del profeta Giacobbe, che si accoppia con la serva per volere della moglie Rachele, viene utilizzato come pretesto per schiavizzare le poche donne fertili rimaste e costringerle ad offrirsi a industriali e politici, con l’approvazione e la partecipazione attiva delle mogli. Per Difred, come per ogni altra donna, l’autosufficienza non è più necessaria né auspicabile; l’educazione non è più un diritto; il pensiero è un vizio peccaminoso. Le ancelle sono marionette nelle mani di un Dio crudele (e uomo, indubbiamente); i loro abiti e comportamenti standardizzati sono elementi quasi folkloristici: i pochi turisti le trovano pittoresche, si fermano a fotografarle, curiosi ma anche indignati.
Il racconto dell’ancella è un romanzo distopico e disturbante, incredibilmente attuale, soprattutto negli Stati Uniti dell’ultimo anno. Una storia che attrae e respinge, allo stesso tempo surreale e contemporanea: le sparizioni, i processi sommari, le condanne a morte collettive riflettono i comportamenti di regimi esistiti e esistenti. Il corpo femminile appartiene alla società, è un bene pubblico – o meglio un bene di lusso destinato a chi se lo può permettere. Le donne non sono esseri senzienti, la loro unica funzione è di compiacere il marito, Custode o Comandante di turno; si tratta quindi di una realtà in cui la sfera femminile è insultata, sminuita e stereotipata – non molto lontana dall’universo ideale dipinto dal pussygrabber Donald Trump. Tanto che è inevitabile chiedersi se la Atwood non possegga delle doti profetiche, o se siano semplicemente prevedibili la crudeltà e stupidità umana.
Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, Ponte Alle Grazie, 2017, pp. 398, 16,80 euro.