“May You Live in Interesting Times” questo il titolo deciso per la prossima Biennale d’Arte di Venezia- la 58° Esposizione Internazionale d’Arte – curata da Ralph Rugoff.

Questa mattina a Ca’ Giustinian – sede centrale della Biennale di Venezia – il Presidente Paolo Baratta ha presentato alla stampa Ralph Rugoff. Il critico d’arte americano (nato infatti nel 1957 a New York) è l’attuale curatore della eclettica Hayward Gallery di Londra, nel cuore pulsante di South Bank.

Baratta ha ricordato ai presenti la data simbolica del 16 luglio 1998, giorno in cui a guidare la mostra d’arte della Biennale appena riformata fu chiamato Harald Szeemann. Il noto curatore aveva già partecipato negli anni Ottanta alla creazione in Biennale della sezione Aperto, un laboratorio di nuove possibilità che ha sdoganato un nuovo modo di pensare le manifestazioni d’arte. Le Biennali degli ultimi anni ruotano attorno a un unico tema, in merito al quale prendono posizione i vari paesi; quella del prossimo anno sarà un esperimento collettivo che vedrà coinvolti curatore, artisti e visitatori e inviterà i partecipanti a interrogarsi sui tempi burrascosi in cui viviamo. “May You Live in Interesting Times” letteralmente “Che tu possa vivere in tempi interessanti” – secondo la leggenda – sarebbe un antico anatema cinese, che racchiude però al suo interno un duplice aspetto, sia negativo che positivo. Siamo infatti sicuri che i tempi fortunati siano quelli in cui non succede niente? Questi Interesting Times non possono invece rappresentare un periodo di nuove opportunità?

Ralph Rugoff, cercando di far luce sulla storia di questa antica frase, ha scoperto che è una falsa maledizione, si tratta infatti di un’affermazione che in tempi passati era usata dai diplomatici dell’area britannica per indicare momenti ricchi di avvenimenti, periodi in cui non si riesce a prevedere quanto accadrà nel giro di pochi mesi poiché tutto è in costante mutazione. Il curatore vede chiari richiami al nostro presente, cita come esempi lo stupore seguito all’esito del referendum sulla Brexit o all’elezione dell’ultimo Presidente americano e la non meno importante deriva nazionalista presente oggi in diversi stati europei. Il tutto unito a un fenomeno dilagante, a cui si riferiva già Baratta nel dichiarare la negativa presenza nella società attuale di “un nuovo conformismo della semplicità” per cui “La Biennale ha il compito di ripresentare la complessità della condizione umana.” La società contemporanea tende a suddividersi in piccoli gruppi che proteggono la loro personale visione, ma questo modo di agire attuale contribuisce a limitare i punti di vista, acuendo le divisioni e le incomprensioni nel mondo. Quando invece il mondo intero, come sostiene Rugoff, è l’esatto contrario: una rete di connessioni, un incredibile e costante dialogo tra diversi punti, anche in opposizione tra loro.

Ecco dunque che in questo caos contemporaneo urge l’intervento dell’arte. Arte come motore propulsore del dialogo, arte come esperienza che invita a mettersi in discussione, a porsi dubbi. L’arte, secondo il curatore, ha la straordinaria capacità di unire le contraddizioni, di esprimere molteplici punti di vista. Nella Biennale d’Arte del 2019, sempre suddivisa tra Arsenale e Padiglione Centrale, si parlerà perciò di quel tipo di arte che fugge le categorie precostituite e dona diverse interpretazioni della realtà che ci circonda, per creare un percorso che possa esprimere la complessità del nostro mondo.

Ralph Rugoff attraverso la prossima Biennale vuole offrire un’esperienza a tutto tondo, che vada oltre l’esperienza visuale o intellettuale, vuole creare un’esposizione dove ciò che conta non è solo quello che viene esposto, ma soprattutto ciò che provoca questa esperienza, ovvero il riconoscimento della ricca rete di relazioni che i processi artistici mettono in evidenza, e ancora i diversi punti di vista tra artisti e tra spettatori che aiutano a espandere la nostra conoscenza. “L’arte non può fermare l’avanzata dei movimenti nazionalisti e dei governi autoritari, né può alleviare il tragico destino dei profughi in tutto il pianeta. In modo indiretto, tuttavia, forse l’arte può offrire una guida che ci aiuti a vivere e pensare in questi ‘tempi interessanti'”.