L’Umbria è una delle terre più preziose d’Italia, sia per il suo paesaggio boschivo che per le perle architettoniche lasciateci in eredità dal Medioevo e dal Rinascimento. Una di queste ultime è senz’altro Panicale, borgo nelle vicinanze di Chiusi e minuscolo scrigno di bellezze. In questo piccolo paese, popolato da molti stranieri, alcuni dei quali lo hanno assunto a propria residenza permanente, si svolge da un paio d’anni una rassegna musicale di indubbio interesse, il PanOpera Festival, orientato soprattutto verso repertori settecenteschi, come nel caso di questo 2016. Organizzato con forte caparbietà e squisito senso dell’ospitalità da Virgilio Bianconi – vero deus ex machina della manifestazione, nonché interprete e regista di uno degli allestimenti – il piccolo festival brilla per vitalità e freschezza, occupando tre fine settimana di un settembre particolarmente mite.
Il primo appuntamento del PanOpera Festival è con un’opera scarsamente rappresentata come Prima la musica poi le parole di Antonio Salieri, composto su libretto di Giovanni Battista Casti: commissionato dall’imperatore Giuseppe II, questo «divertimento teatrale» di foggia prettamente italiana, nelle intenzioni del committente doveva confrontarsi con il singspiel tedesco, rappresentato nientemeno che da Der Schauspieldirektor di Wolfgang Amadeus Mozart, che infatti seguì durante la serata organizzata il 7 febbraio 1786 nel giardino d’inverno del castello di Schönbrunn a Vienna. L’opera, un vero e proprio gioco metateatrale, assai apprezzato all’epoca, vede poeta e maestro di cappella bisticciare sulla centralità, appunto, delle parole o della musica in uno spettacolo teatrale (mentre devono necessariamente concludere il lavoro entro quattro giorni, per non risultare inadempienti nei confronti di chi li ha incaricati del lavoro). A questa schermaglia si aggiungono i capricci di due primedonne, che svettano una sul versante serio l’altra su quello buffo. Alla fine tutto si risolve e l’opera è conclusa.
Bravo il regista veneziano Marco Bellussi, non nuovo ad avventure del genere, a intessere un’atmosfera lieve e mai volgare, anzi raffinatamente compiacente nell’assecondare questo gioco di teatro nel teatro, che riesce anche grazie alle scene di Matteo Paoletti Franzato e ai costumi firmati da un’autorità del settore come Carlos Tieppo. E assai convincenti anche gli interpreti, dal citato Bianconi nei panni del maestro di cappella a Nico Mamone nelle vesti del poeta, cui si aggiungono con merito Annalisa Massarotto e Francesca Salvatorelli.