Al di là della valle, tra le tane dei cani della prateria e i picchi innevati, tra i freddi boschi e le assolate pianure, oltre le sculture naturali della Monument Valley, sui sentieri battuti dalle carovane, c’è un lontano West ancora tutto da scoprire. A raccontarcelo, in sei perfetti episodi, ci pensano i fratelli Coen con il film antologico The Ballad of Buster Scruggs (disponibilie su Netflix dal 16 novembre).
Sei storie indipendenti (ma da considerare complessivamente), sei corti deliziosi e coerenti per rivivere l’essenza del cinema western, sapientemente declinata alla maniera degli irriducibili fratelli di Minneapolis. C’è l’usignolo di San Saba (Tim Blake Nelson), pistolero canterino dal grilletto facile e l’ugola d’oro; c’è il rapinatore di banche – ma non di bestiame – nel posto sbagliato al momento sbagliato (James Franco); c’è il cercatore di pepite a caccia di Mr. Filone d’oro (Tom Waits); c’è lo spettacolo itinerante a base di freak, Lincoln e Shakespeare nelle mani di un impresario di poche parole (Liam Neeson); c’è la carovana diretta in Oregon tra donzelle in difficoltà (Zoe Kazan), Sioux e Cowboy pragmatici e c’è l’immancabile diligenza con a bordo una miscela esplosiva di passeggeri mal assortiti (tra i quali Brendan Gleeson).
Impossibile non fare i conti con il western per un autore americano. Un genere dato mille volte per morto, ma sempre risorto – spesso con risultati notevoli, da Leone a Pollack a Penn, da Eastwood a Tarantino – nelle mani di cineasti mossi talvolta dallo spirito dei tempi, altre dall’impegno civile, altre ancora dall’esigenza di raccontare un’altra prospettiva dell’iconico mito della frontiera così indispensabile per conoscere a fondo il popolo americano.
The Ballad of Buster Scruggs condensa luoghi, atmosfere e personaggi di un immaginario ben conosciuto in un appassionante viaggio fatto di volti e di scenari incredibili, di goliardia e sarcasmo, di essenzialità e sopravvivenza. I Coen spogliano il loro film a episodi di ogni retorica, non cavalcano il mito, sfatano leggende e colpiscono in pieno l’esistenza ordinaria nel far west, tra una morte improvvisa e la naturale brutalità della vita, senza dimenticare un tocco musicato d’ironia della sorte.
Il western destrutturato ma granitico degli autori di Fargo, frutto delle idee raccolte dai registi nel corso di decenni e partorito per il semplice quanto necessario gusto del racconto, è un gioiellino di scrittura che gratifica lo spettatore attento in molte differenti – e appaganti – maniere: su tutte il piacere di una narrazione dai meccanismi infallibili e il ritmo misurato di una ballata country, fatto di dialoghi calibrati al millimetro e silenzi altrettanto significativi. Non il contenuto, ma il contesto, il piacere del racconto sono il punto di forza di The Ballad of Buster Scruggs. Un’impostazione che ci ricorda non solo l’importanza delle buone storie, ma soprattutto di un buon narratore, parola di Buster Scruggs.