Basato sull’omonimo bestseller (2018), ispirato a una storia vera, del giornalista Alex Perry, premiato dalla Foreign Press Association, e adattato per lo schermo da Stephen Butchard (Bagdad CentralThe Last Kingdom), il progetto vede la regia di Julian Jarrold (The CrownBecoming Jane) e di Elisa Amoruso (SirleyChiara Ferragni: Unposted).


The
Good Mothers
ripercorre le vicende di Denise, figlia di Lea Garofalo, Maria Concetta Cacciola e Giuseppina Pesce, tre donne che osano contrapporsi alla ‘ndrangheta.

Ad aiutarle la P.M. Anna Colace che, appena arrivata in Calabria, ha un’intuizione: per poter abbattere i clan della ‘ndrangheta, è necessario puntare alle donne. È una strategia che comporta grandi rischi: la ‘ndrangheta è nota e temuta per il suo pugno di ferro e il potere insidioso. The Good Mothers segue Denise, Giuseppina e Maria Concetta nel loro tentativo di affrancarsi dal potere criminale e collaborare con la giustizia.
La nuova serie disponibile sulla piattaforma Disney+ si sviluppa in 6 tesi episodi da circa un’ora ciascuno.

Girato in 6 settimane tra Reggio Calabria, Palmi e Fiumara, The Good Mothers è stato presentato in anteprima al Festival di Berlino. Abbiamo incontrato il cast in occasione del debutto su Disney+.

Come è stato dirigere questa serie tv?

Stephen Butchard “La possibilità di raccontare questa storia dal punto di vista femminile è stata una novità importante. Ci sono tante serie tv e film che hanno rappresentato queste vicende dal punto di vista maschile, con molta violenza, che spesso è stata fin troppo esibita. Qui abbiamo scelto una narrazione con un’ottica nuova, diversa, avvicinandoci a quelle figure femminili che sono in pericolo; ma è un pericolo che non si vede in scena, è una forma di violenza nascosta. E per noi è stato interessante raccontare questa violenza strisciante. Importante raccontare la figura della PM, Anna Colace, che ha capito e scelto di lavorare con figure femminili per convincerle ad allontanarsi dalla violenza verso la libertà, verso una soluzione diversa, senza dimenticare che il pericolo è sempre incombente. È un tema potente che ci ha permesso di raccontare con semplicità ma realismo. La decisione di girare in Calabria poi è stata importantissima, abbiamo girato in aree molto povere, abbiamo sempre avuto accoglienza calorosa. Ma quando abbiamo fatto i sopralluoghi mi dicevano che dovevo restare a bordo della macchina, non so se fosse una esagerazione…
Non abbiamo girato nel paese di origine di Lea, ma in uno vicino che hanno detto che sarebbe stato più sicuro. Girare lì è stato affascinante. Spero che questo nostro lavoro possa gettare luce su qualcosa di molto importante”.

Elisa Amoruso “Ho letto il libro di Alex Perry e fin dal inizio mi ha colpito il mondo che racconta, un mondo che mi è sembrato lontano secoli, eppure è così vicino. Un mondo che Perry ha raccontato nel dettaglio. Ho pensato subito che queste storie fossero necessarie e soprattutto da raccontare. Io da italiana conoscevo solo la storia di Lea Garofalo. Qui abbiamo rivoltato l’attenzione verso l’anello debole, non solo della mafia, ma in generale. E loro hanno dimostrato che non erano deboli. Abbiamo cambiato il modo di raccontare queste storie dando risalto alle figure femminili che hanno cambiato la loro vita, con coraggio hanno intrapreso un viaggio difficile, rinunciando alla loro identità, alcune di loro vivono ancora in località segrete. Sono state finora protagoniste invisibili. Non c’è stata la possibilità di far vedere la serie alle vere protagoniste perché vivono sotto protezione. Tutto quello che abbiamo raccontato è stato seguire fedelmente il lavoro importante di Alex Perry, come primo investigatore di questa realtà, che ha raccolto moltissime testimonianze su queste donne”.

Come avete costruito i vostri personaggi?

Valentina Bellé “La mia Giuseppina Pesce ha una presa di coscienza dolorosa, perché lei è cresciuta in un determinato sistema educativo e culturale, e non è scontato rendersene conto. Lei è stata forzata a collaborare. Giusy verrà incarcerata, colta in un momento in cui è con il suo amante. Regola dell’ ‘ndrangheta è che le donne colte con l’amante devono morire, non vale per gli uomini. Per cui quello che raccontiamo in quel momento, è che lei è impossibilitata a tornare alla sua vita perché sa che verrebbe uccisa. Qui c’è lo scacco matto, una mossa intelligente e terribile da parte del sostituto procuratore che la obbliga a collaborare. Come dicevo il suo è un percorso doloroso: il fattore fondamentale che l’ha aiutata, tra i tanti ripensamenti, è stato rendersi conto che i suoi figli erano manipolati in sua assenza, soprattutto la sua figlia maggiore adolescente. Mentre stavamo girando, un gruppo di noi si è sentito dire da alcune persone ‘ma ancora con ste favole, che la ‘ndrangheta non esiste’. Penso che quando non è percepita la ‘ndrangheta  dove manca lo Stato, ecco lì  la parola ‘ndrangheta è negata. Una buona madre è una che lotta per se stessa”

Micaela Ramazzotti “Lea Garofalo è nata e cresciuta ed è stata vittima della ‘ndrangheta. Ci ha messo la faccia e non ce l’ha fatta, ma ha dato il coraggio alla figlia Denise per testimoniare contro il padre. Questa serie è potentissima. Questo per me è un film in 6 puntate. Spero che guardando questa storia tante donne e anche uomini riescano a trovare il coraggio di ribellarsi a certi ambienti feroci in cui nascono, crescono e muoiono”.

Gaia Girace “È stata na bella sfida interpretare Denise, con quel vissuto così importante. Denise è una giovane donna che si è trovata sola, contro una famiglia, la sua, per dare giustizia a sua madre. L’ha fatto per il legame che l’accumunava con sua madre. Ho provato a darne la mia versione, mi sono documentata molto. Spero che la mia versione sia il più possibile vicino alla realtà. Questa storia raccontata dal punta di vista femminile, donne spesso costrette a sposarsi a 16 anni con uomini che non conoscevano, spero possa dare un messaggio di speranza. Denise ha lottato grazie al suo amore, alla sua volontà di giustizia contro l’omertà.”

Simona Distefano “Maria Concetta Cacciola apparentemente sembra subire di più, più delle altre, il patriarcato. Ma è un processo graduale il suo. Riesce a ribellarsi anche grazie all’esempio di Giuseppina Pesce. Le donne stesse che la circondano contribuiscono alla loro stessa sottomissione agli uomini. Il contesto famigliare non aiuta. Concetta deve aver subito una grande solitudine e un abbandono da chi avrebbe dovuto aiutarla di più, da chi dovrebbe essere più attento al percorso di queste donne.”

Barbara Chichiarelli: ” Il PM Anna Colace è un personaggio che salva le vite. Capisce che le donne possono essere usate come cavallo di troia, perché anche le carnefici possono essere prigioniere, espressione di un patriarcato che è la dannazione di tutti. Sicuramente Anna Colace inizia la sua sfida alla mafia avendo questa intuizione ma capendo che le prime avvisaglie c’erano già state, anche grazie ai cellulari, alla “modernità”. Queste donne sono state aiutare da una serie di fattori, Giuseppina Pesce viene arrestata perché lei si occupa del traffico di cocaina nel porto di Gioia Tauro e per la prima volta non può vedere i figli, per 6 mesi, e questo crea in lei una consapevolezza. Concetta va in commissariato perché suo figlio ha rubato un motorino; nella storia credo ci sia lo zampino del fato: in quel momento capisce che è ora di reagire. Penso che la paura più grande della mafia sia che queste donne diventino un esempio, perché l’esempio si può replicare. Concetta e Giuseppina erano migliori amiche. La prima ha preso esempio dalla seconda.”

Fracesco Colella “Di solito un attore non dovrebbe mai confessare la propria fatica nel fare il lavoro. Ho provato repulsione per il personaggio che ho interpretato. Non mi sono mai fatto condizionare, ma mi lasciava libertà di interpretazione di questo omuncolo vuoto di spirito, che confonde l’amore con il possesso, che ha relazioni solo per fini, per scopi. Io non posso controllare l’effetto del mio lavoro, io però volevo far scaturire questo effetto di repulsione nel pubblico. La Calabria è una terra bellissima, ci sono parti oscure, ma non dobbiamo relegare la ‘ndrangheta in una regione perché è perfettamente innestata nel tessuto sociale italiano. Non è una storia di cronaca, questa serie tv racconta una realtà complessa che non è relegata in Calabria. Quando si nega la mafia c’è una conciliazione tra parti deviate dello stato e la mafia stessa.”

Andrea Dodero “Si sapeva poco di Carmine Venturino. Non è un principe della  ‘ndrangheta, è figlio di pizzaiolo, ha fatto il pizzaiolo per un periodo; poi non si sa cosa sia successo. Ha aiutato molto la sceneggiatura per come abbiamo deciso di far correre Carmine, che andava nella direzione di Denise. Come dicevo sappiamo poco di lui, quello che si sa  lo abbiamo dagli atti processuali, perché la ‘ndrangheta è l’ associazione mafiosa con meno pentiti al mondo. In quegli atti processuali ho trovato una sua dichiarazione d’amore a Denise. Da lì sono partito”.

The Good Mothers segue Denise, Giuseppina e Maria Concetta nel loro tentativo di affrancarsi dal potere criminale e collaborare con la giustizia.

 

 

I produttori esecutivi di The Good Mothers sono Juliette Howell, Tessa Ross e Harriett Spencer per House Productions e Mario Gianani, Lorenzo Gangarossa per Wildside, una società del gruppo Fremantle e Alessandro Saba per Disney+. Anche Stephen Butchard e Julian Jarrold sono i produttori esecutivi.