Derek Cianfrance si conferma ottimo regista di attori, ma né la sua bravura né le ottime interpretazioni di Alicia Vikander, Michael Fassbender e Rachel Weisz riescono a salvare quello che a tutti gli effetti è un (melo)dramma di altri tempi.
Tom Sherbourne è un veterano della Grande Guerra che accetta il posto di guardiano di faro a Janus, un’isola sperduta al largo delle coste australiane, per cercare di dimenticare gli orrori visti, e compiuti, in quattro anni di combattimenti.
All’arrivo in paese incontra Isabel, una giovane donna vivace e spontanea, e Tom sente affiorare dei sentimenti che non credeva sarebbe più stato in grado di provare. Dopo essersi scambiati alcune lettere, i due decidono di sposarsi.
Inizia quindi per loro un periodo idillico, isolati nella loro felicità, bastanti a se stessi e lontani dal resto del mondo; Janus diventa il loro Eden privato, e quando
Isabel resta incinta il loro amore non fa che rafforzarsi. Sfortunatamente però, la gravidanza non va a buon fine e Isabel perde il bambino. Lo stesso triste evento si ripeterà un paio d’anni dopo, e Isabel, nonostante le cure e la devozione di Tom, sembra non riuscire a superare il dolore, e la vergogna, scatenati da queste perdite.
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Un giorno, all’orizzonte, Tom scorge una barchetta a remi che si fa strada nell’oceano: una volta a riva, al suo interno trova un uomo morto e una bambina di poche settimane. Per Isabel è un segno del destino, la bambina è destinata a loro, che sono a tutti gli effetti i suoi salvatori, e convince Tom a non denunciarne il ritrovamento.
Ma quanto più Isabel sembra ritrovare la stabilità e la felicità che parevano perse per sempre, tanto più Tom cade in un vortice di colpa, che non riuscirà più a tollerare nel momento in cui, in paese per il battesimo della piccola Lucy, incontrerà la vera madre della bambina, ancora in lutto per la perdita della figlia e del marito.
Cianfrance adatta per lo schermo il romanzo d’esordio di ML Stedman, successo editoriale del 2012, e lo fa sulla spinta delle connotazioni intimiste dell’opera, che a tutti gli effetti rientrano nelle sue corde, basti pensare a Blue Valentine.
Ma in Blue Valentine lo sguardo era più freddo, più distaccato, raccontando la nascita e la fine di un amore con toni sentiti e mai eccessivi (il dramma era già nella storia, senza necessità di caricarlo ulteriormente). Qui invece ci si trova di fronte a un’esplosione senza freni di sentimenti, un flusso ininterrotto di emozioni il cui risultato è molto più melenso del dovuto.
Se il film vuole essere una partitura musicale in tre atti, il primo di questi credo sia anche il più riuscito grazie alla leggerezza che l’interpretazione della Vikander riesce a dare al suo personaggio, carico di innocenza e gioia di vivere, ancora più preziose perché filtrate dal dolore della perdita dei due fratelli durante la guerra.
La macchina da presa non si stacca dal suo viso, dalle emozioni che lo percorrono senza filtri, ogni minima increspatura visibile e condivisibile.
Il secondo atto, incentrato sul senso di colpa di Tom e che introduce Rachel Weisz come madre e vedova affranta, diventa già più difficile da digerire. I due personaggi non sono altrettanto ben delineati, e seppure chiaramente evidenti le loro motivazioni, sembra che queste vengano affrontate più in superficie rispetto all’attenzione dedicata al personaggio di Isabel.
È però il terzo atto che abbassa complessivamente il risultato, togliendo incautamente il freno a mano al melodramma e dando il via libera a un profluvio di sentimentalismi che appesantiscono la narrazione e che, pur riuscendo a strappare qualche lacrima (come chiaramente era l’intenzione), soffocano ciò che di bello si era visto.
Le interpretazioni sono eccezionali, Vikander in primis, ed è facile trovarsi a empatizzare con tutti e tre i protagonisti, perché le intenzioni e i sentimenti di ognuno sono dichiaratamente onesti, e buoni. Non c’è nessun “cattivo” da antagonizzare, siamo di fronte a tre brave persone le cui scelte, dettate dal dolore o dalla colpa, finiscono per ferire e danneggiare profondamente coloro che più amano.
È un racconto che vuole essere di luce e ombra, ma se la luce è narrata con grazia e leggerezza, le ombre che questa crea sono tratteggiate con più goffaggine e non riescono a bilanciarne il peso.
Dal romanzo The Light Between Oceans di M. L. Stedman
sceneggiatura Derek Cianfrance fotografia Adam Arkapaw
montaggio Ron Patane e Jim Helton scenografia Karen Murphy
musica music Alexandre Desplat
interpreti Michael Fassbender, Alicia Vikander, Rachel Weisz
produzione DreamWorks Pictures
distribuzione internazionale Mister Smith Entertainment
distribuzione italiana Leone Film Group Eagle Pictures
Paesi produzione USA, Australia, Nuova Zelanda
Anno 2016