”The Shrouds” di David Cronenberg

The Shrouds – Segreti sepolti, ultima fatica di David Cronenberg, in concorso a Cannes 2024 e in uscita nelle sale italiane il 3 aprile, è un film che unisce il body horror, di cui il regista è stato pioniere, alla fantascienza e, in maniera più sottile, al dramma psicologico.

Karsh (Vincent Cassel) è l’inventore e possessore di un’azienda di sepolture ad alta tecnologia, ha ideato un cimitero dove grazie a particolari sudari – che danno il titolo originale al film – dotati di webcam è possibile seguire la decomposizione sugli schermi. Questa modalità ha permesso allo stesso Karsh di elaborare il lutto della moglie Becca (Diane Kruger): l’uomo, infatti, è ossessionato dal corpo della moglie e di fatto non riesce a staccarsene, così come il suo sguardo dalle immagini del cadavere in putrefazione. Anche quando conosce nuove donne il legame con Becca rimane così forte da eclissare il resto, l’unica con cui riesce davvero a confidarsi è la cognata Terry, identica alla sorella defunta. Quando il cimitero viene vandalizzato e alcune tombe profanate, Karsh indaga sui motivi di tali azioni e, approfondendo, scopre aspetti di sé, dell’attività e del proprio passato ignoti.

Si tratta di una pellicola complessa e raffinata, con numerose possibili letture: da una parte infatti il rapporto sempre più complicato tra uomo e tecnologia, emblematico il fatto che l’intelligenza artificiale diventi un vero e proprio personaggio, Hunny, ulteriore alterego di Becca, dall’altra invece un’interpretazione cinefila – il nome della defunta consorte (Re)Becca riporta subito ad Hitchcock – almeno apparentemente, in realtà forse più profonda, teorica, legata ad un cinema in qualche modo embrionale, primordiale.

È un assillo, infatti, per gli spettatori del cinema delle origini vedere la morte sullo schermo: Cronenberg, dopo un secolo, racconta addirittura ciò che c’è oltre, e, non a caso, lo fa attraverso uno schermo, non più quello di una sala, ma un piccolo touch screen. Il cinema pregna così tanto la vita degli uomini da non poterli abbandonare forse neppure dopo l’ultimo respiro. Karsh è ossessionato dal corpo di sua moglie, ma, soprattutto dall’immagine di esso, che si fa distorta, inquietante, macabra, che scorre – dettaglio interessante – persino in una cornice fotografica digitale dove i fotogrammi si susseguono, mostrando, di fatto, il corrispettivo digitale di un rullino che ritrae il deterioramento dei resti di Becca. La parola voyeurismo viene ironicamente ripetuta più volte nel film: ancora Hitchcock ma, prima di tutto, ancora il cinema, stavolta come fenomeno che plasma la mente fino al disturbo.

È, inoltre, visibile, per chi è già venuto in contatto con altre pellicole di Cronenberg, un vasto numero di collegamenti con opere precedenti del cineasta canadese, ad esempio Inseparabili (un attore per due fratelli identici) o Videodrome (relazione uomo – tecnologia).

Il film vanta raffinatezza nella sceneggiatura e tecnica perfetta a livello fotografico, soprattutto nelle scene oniriche, particolarmente coinvolgenti: in generale tutta l’atmosfera porta la firma del regista, è unica e riconoscibile. Una pellicola straniante e, al contempo, attuale, surreale fino ai limiti dell’immaginabile ma con una componente paurosamente verosimile. Non lascia indifferenti, anche grazie alla presenza di un interprete credibile, in grado di rappresentare un’ampia gamma di sentimenti: tra le frasi da lui pronunciate una sembra annullare la frattura tra regista e personaggio, “ho costruito un’intera carriera sui corpi”.

The Shrouds è senza dubbio un’ottima summa dei lavori di Cronenberg, un film nel quale tutto si condensa, forse più freddo, più asettico, (e al contempo più pensato, cerebrale), rispetto ad altri, ma contemporaneo e necessario.