Lenny (Jude Law) è il nuovo papa, e ha solo 47 anni. Lo è diventato grazie alle macchinazioni del cardinale Voiello (Silvio Orlando), che lo ha preferito al Cardinal Michael Spencer sperando di trovarsi di fronte qualcuno di più malleabile e facilmente governabile. Ma già alla prima conversazione appare evidente che Voiello ha fatto i conti senza l’oste.
Qui a Venezia vengono proiettati solo i primi due dei dieci episodi della serie di Paolo Sorrentino creata in collaborazione con Sky, HBO e Canal+, e da questi si esce con il desiderio quasi smodato di seguire Lenny Belardo, aka Pio XIII, nelle stanze vaticane dopo la declamazione dell’omelia più violenta e reazionaria nella storia delle omelie (o almeno così suppongo, non sono molto ferrata in storia degli insediamenti papali).
Riprese, immagini, musiche e fotografia sono più sorrentiniane di Sorrentino, non c’è alcun dubbio di trovarsi di fronte a una sua opera ma, a differenza di quanto spesso accade nei suoi lavori, questa volta è la narrazione a prevalere sull’impianto visivo. La scrittura la fa da padrona – Sorrentino in collaborazione con Umberto Contarello, Stefano Rulli, e Tony Grisoni – e la costruzione del personaggio di Lenny Belardo, che a sua volta sta cercando di costruire il personaggio di Pio XIII, è affascinante a dire poco.
Lenny è ironico, intelligente, con una sottile dose di cattiveria, è credente ma non ne è sicuro, ama il potere ma non tollera la solitudine che ne deriva, affamato d’amore ma diffidente di tutti, reazionario ma forse intrinsecamente progressista.
È un personaggio incredibilmente complesso, che è una gioia vedere interagire con i suoicoprotagonisti (al solito, Silvio Orlando è grandioso, anche nella recitazione in inglese, ma non ci si scorda di Diane Keaton come madre putativa/suora/amica/segretaria speciale e di James Cromwell, il padre spirituale che freudianamente Lenny ha dovuto uccidere, diventando Papa al posto suo) tanto quanto è emozionante osservarlo da solo, intuire le sottili crisi esistenziali che lo motivano e, apparentemente, lo condannano.
In sintesi, Lenny Belardo è un uomo, che il destino ha voluto fosse anche un Papa. Niente di più semplice, e niente di più indecifrabile.
I due episodi visti si aprono e si chiudono con due scene simmetriche e opposte, in un’antitesi narrativa che pare dare un senso di chiusura, o almeno di respiro, a questa “introduzione al Vaticano visto da Sorrentino”. Non so come saranno i restanti 8 episodi, né che percorso si farà prendere a Lenny e Voiello, ma certo è che quanto abbiamo visto finora ha il profumo del capolavoro.