«Il filo rosso del destino – un mito dell’Asia orientale sul legame fra amanti predestinati – non è che una maledizione. Non ci è concesso di far accadere i miracoli: solo loro ad accadere a noi, bruscamente e violentemente, guidati da un potere inesauribile a cui non si può sfuggire o resistere. Se perciò esiste, questo mitico filo è certamente qualcosa di mostruoso». Questo è quanto dichiarato dal regista Jun Tanaka per spiegare questo film imbevuto di leggende mistiche, che fa molta fatica ad arrivare allo spettatore.

Bamy è un film sui legami creati dal destino, indissolubili dall’uomo. Tutto inizia quando Fumiko s’imbatte nell’ex compagno di scuola Ryota. Ad attrarre l’attenzione di entrambi è un ombrello rosso caduto dal cielo. L’attrazione tra i due è fin da subito molto forte. Vanno a vivere insieme e progettano di sposarsi. Durante i preparativi, però, Ryota è sempre più turbato da un dono o da una maledizione che possiede: quella di vedere i fantasmi. Sono morti che vagano sulla terra per tormentare i vivi. L’incontro con Sae Kimura, che da qualche tempo vede anche lei fantasmi, peggiora le cose, soprattutto quando Ryota smette di vedere queste presenze.

Opera prima di Jun Tanaka, Bamy è un J-Horror che mette a dura prova la capacità di comprensione dello spettatore. A volte bizzarro, altre volte grottesco, talvolta suscita ilarità ,talvolta noia. Tanaka avrà forse provato a dare una nuova lettura, personale, del J-Horror, ma il risultato lascia molto a desiderare. Lento e troppo lungo, ha l’unico pregio di avere una colonna sonora interessante.