Un sorriso passa veloce davanti allo spettatore, la coppia ruota a ritmo vorticoso tra fruscii di gonne, chiacchiere e note musicali. È una danza allegra che contagia tutti i presenti. Questo attimo che Ugo Valeri cattura sulla carta ben rappresenta la spensieratezza del periodo, il momento di gioia che precede la catastrofe, quegli anni che siamo soliti chiamare Belle Époque.
Ma i ritratti con cui il pittore Veneto inquadra quest’epoca sono differenti dalle opere di altri artisti, che della Belle Époque hanno tratteggiato con maestria i colori del benessere dell’élite – un nome tra tutti Giovanni Boldini. Valeri invece si concentra sul popolo, sulla squadra di sartine e garzoni che affollano le strade di Milano sul far della sera, sulla bellezza dei musicisti pronti a suonare e a farli danzare e sulle prostitute abili nell’intrattenere i ricchi signori. L’artista coglie l’atmosfera di una città in fibrillazione, nel suo momento di crescita esplosiva. Con la linea sinuosa delle sue opere grafiche egli esprime ritmo e velocità a cui anelavano pure i futuristi, ma con risultati artistici differenti. Perché Valeri non può essere inserito in un movimento o in un gruppo, né lui né la sua arte.

Il Comune di Piove di Sacco celebra il suo concittadino artista proprio nel palazzo dove egli è nato nel 1873 – Palazzo Pinato Valeri – che ospita la mostra “Ugo Valeri. Dandy e ribelle”.
Sappiamo che Ugo sviluppa presto una grande passione per l’arte, mentre studia al Liceo Tito Livio di Padova frequenta anche l’atelier del pittore Alessio Valerio e nel 1895 decide di iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove dimostra subito il suo talento. Tuttavia le sue capacità artistiche non lo salvano dall’espulsione dall’Accademia e, al contrario, le sue convinzioni sulla materia unite a uno spirito libero e anticonformista lo spingono ad un vagabondaggio costante tra Venezia, Bologna (dove frequenta anche qui per alcuni anni l’Accademia di Belle Arti a lezione da Domenico Ferri e vince il premio Francia) e in seguito Napoli e Milano. Abbracciando lo spirito della scapigliatura e conscio della necessità di rompere con la tradizione accademica, prosegue per la sua via e diventa illustratore di alcune riviste importanti: “La Lettura”, “Il secolo XX”, “L’illustrazione italiana” e realizza tavole per le opere letterarie di Umberto Notari, Marinetti, Neera, Cavacchioli.
Destano scandalo le sue opere e anche il suo personaggio, ma in realtà non abbiamo abbastanza notizie biografiche per inquadrare il genio di Ugo Valeri. Il fratello poeta – Diego Valeri – lo ricorda come “uno spirito tormentato e un cuore sensibile, diciamo pure un sentimentale, che, trovandosi a dover lottare senza quartiere per la sua arte contro la generale incomprensione del pubblico e della critica (ad eccezione di Vittorio Pica, Nino Barbantini, Carlo Carrà, Gino Damerini, F.T.Marinetti, Renato Simoni…), sofferse moltissimo di non essere creduto”.



Per fortuna a Venezia a inizio Novecento stava succedendo qualcosa in grado di smuovere le acque di quel tradizionalismo pittorico celebrato nelle prime mostre della Biennale d’Arte. Un gruppo di giovani artisti vengono invitati dal lungimirante Nino Barbantini ad esporre le proprie opere nelle stanze di Ca’ Pesaro (che la contessa Felicita Bevilacqua La Masa aveva donato alla città proprio con lo scopo di aiutare le giovani leve dell’arte e di cui Barbantini era da poco divenuto direttore). In questo bel gruppo – tra cui Umberto Moggioli, Gino Rossi, Arturo Martini… – vi è anche Ugo Valeri. Nel 1909 la sua esposizione cattura positivamente l’attenzione di alcuni critici, tra cui Gino Damerini: “Ugo Valeri ha invaso una, due, tre salette con la foga ch’è la caratteristica del suo temperamento, ha inondate le pareti di disegni, di pannelli, di quadri, di pastelli, di schizzi a olio; ha messo insieme impressioni dal vero, fantasticherie, illustrazioni di libri; scene còlte per le strade ed interni; aspetti di vita mondana, composizioni tragiche satiriche, ironiche, sentimentali, spasmodiche di riso e pianto”. Nelle tre stanze a sua disposizione Valeri inscena quasi una performance, espone un repertorio che rappresenta una svolta e indica la strada agli altri giovani artisti.
Purtroppo finisce tutto all’improvviso, Ugo Valeri muore nel febbraio del 1911 cadendo da una finestra proprio di Ca’ Pesaro, una tragedia di cui forse solo in anni recenti, con la riscoperta di questo artista, si può effettivamente capire la portata. La mostra curata da Federica Luser e visitabile fino al 21 aprile, presenta l’artista al pubblico attraverso un’ottantina di opere, per lo più grafiche. A distanza di un secolo, i tratti veloci di Ugo Valeri riescono ancora a far rivivere il ritmo frenetico della vita di una città.

Ugo Valeri. Dandy e ribelle
Mostra a cura di Federica Luser con Trart
Palazzo Pinato Valeri, Via Garibaldi, 54 Piove di Sacco
23.11.2024 – 21.04.2025
ORARI
Fino al 23 marzo
mercoledì: 9.30 – 12.30
giovedì, venerdì: 16.00 – 18.00
sabato: 9.30 – 12.30 / 16.00 – 18.00
domenica: 10.00 – 12.00 / 16.00 – 18.00
Dal 28 marzo gli orari saranno i seguenti:
venerdì: 16:00-18:30
sabato: 09:30-12:30 / 15:30-18:30
domenica: 10:00-12:30 / 15:30-18:30
Ingresso libero