Roberto Andò scrive con Angelo Pasquini e Giacomo Bendotti, e dirige una commedia “giocosa”, un giallo fantasioso. E tutto sommato comincia bene, in un clima di commedia all’italiana. Prima di tutto la premessa del film prende spunto da una storia vera: il furto di un inestimabile dipinto del Caravaggio, La Natività, avvenuto a Palermo nel 1969.
Valeria (Micaela Ramazzotti) è l’anonima segretaria di un produttore cinematografico (Antonio Catania); nessuno sospetterebbe mai che in gran segreto è stata lei a scrivere, negli ultimi anni, le sceneggiature del pluripremiato, impunito seduttore seriale, Alessandro Pes (Alessandro Gassmann). Un giorno al mercato viene avvicinata da un misterioso uomo (Renato Carpentieri), che conosce il suo segreto.
L’uomo, un poliziotto in pensione, le offre una storia cui non potrebbe mai accedere: una storia per la sua nuova sceneggiatura. Il soggetto è il furto della Natività del Caravaggio da parte della mafia, passato negli anni di mano in mano ai capi mafia. Si sono susseguite varie leggende: c’è chi dice che sia stato dato in pasto ai maiali o provato a essere usato come merce di scambio per l’abolizione dell’articolo 41 bis.
Quello che viene fuori è un maxi complotto che coinvolge i vertici dello Stato. Valeria scrive, passa il soggetto a Pes che lo consegna a un felicissimo produttore. Ma la mafia allertata, per una storia che deve restare segreta, inizia ad allungare i tentacoli per scoprire chi possa aver rivelato informazioni pericolose.
“Che titolo darebbe alla sua storia?” – chiede Valeria alla sua fonte; “Una storia senza nome” è la risposta che ottiene.
Tra ingenuità e coraggio, Valeria inizia a scrivere e con la sua immaginazione compone una sceneggiatura tanto apprezzata, nell’essere geniale, quanto rischiosa. Tutto è pronto per l’inizio delle riprese, il regista Mr Kunze (Jerzy Skolimowski – si, lui!!!) non vede l’ora di iniziare. Ma la vita di Valeria è in pericolo.
Come dicevamo, l’inizio del film è curioso e simpatico. Roberto Andò si serve dell’immaginazione di Valeria per riempire le lacune di questo crimine, per provare a tracciare un’indagine immaginaria, ironica, ma pur sempre un’indagine immaginaria.
Micaela Ramazzotti e tutto il cast è diretto da un regista che è innamorato di questi personaggi. Pieno di citazioni cinematografiche e di voglia di divertirsi Una storia senza nome è un film dentro al film; il filo conduttore è un gruppo di persone che non sono quelle che sembrano, tutti hanno una seconda vita o identità. E’ un gioco di doppi. E fino a un certo punto il soggetto regge. Poi che succede? Succede che tutto diventa insolitamente e inspiegabilmente paradossale ed esagerato. Si crea uno squilibrio tra la prima parte e la seconda, dove perfino l’immaginazione perde la strada maestra.