A trecento anni dalla morte, il Teatro La Fenice propone Il trionfo dell’onore, ovvero il dissoluto pentito di Alessandro Scarlatti. Unico lavoro appartenente al genere comico del compositore siciliano, trova origine nel mito di Don Giovanni, ma si colloca nel contesto d’una Toscana coi personaggi identificati per nome e cognome e prefigura la commedia veneziana di ispirazione borghese che si svilupperà in seguito. Il complicato gioco delle quattro coppie permette a Scarlatti di creare duetti, quartetti e persino un ottetto, in quantità maggiore rispetto a quanto si trovi nel teatro per musica coevo, oltre alle classiche aire, tra cui «Ricevi il mio core» con cui il libertino Riccardo fa ammenda dei suoi peccati.
La regia di Stefano Vizioli gioca su una partitura fatta di rigore per Erminio e Leonora, i caratteri tragici, e di leggerezza per quelli buffi, basata sull’edizione creata ad hoc per la Fondazione da Aaron Carpenè. Non mancano allusioni sottili a corollario dei doppi sensi del libretto di Francesco Antonio Tullio – Rodimarte prima su un cannone e poi a sbucciare patate su una sedia rosa con Rosina che sgrana piselli su una seduta celeste – qualche vezzo, Doralice material girl, Riccardo novello Fonzie e dettagli visivi che si inseriscono in una lettura libera e ironica della narrazione, dove i gesti quotidiani diventano una chiave interpretativa per le relazioni tra i personaggi. Ben risolto il quartetto finale dell’atto secondo, con i cantanti al buio, immagine dello spaesamento amoroso. Macchiettistica pare la caratterizzazione di Cornelia, ruolo da tenore comico di non facile resa, qui a mezza via tra Marlene Dietrich e Drusilla Foer. Nelle colorate scenografie pop e vagamente Looney Tunes di Ugo Nespolo c’è del simbolismo ornitologico che evoca tratti psicologici: chi oca, chi pavone, chi cigno, chi gallina e chi gufo. Pure i costumi, sempre curati da Nespolo e realizzati da Carlos Tieppo, sono sgargianti e si armonizzano con lo sfondo, ben illuminati da Nevio Cavina.




Enrico Onofri guida l’orchestra esaltando la ricchezza della partitura, dando spessore e varietà all’intera esecuzione, facendo risaltare la bellezza delle arie e dei recitativi, senza cadere nella trappola della mera decorazione. Ottimo il continuo a due cembali e un violoncello, come si usava a Napoli ove Il trionfo debuttò.
Nel cast si distinguono l’intesa Leonora di Rosa Bove e la Doralice precisa di Francesca Lombardi Mazzulli, entrambe anche eccellenti attrici. Giulia Bolcato risolve discretamente il ruolo non facile di Riccardo. Pienamente centrato il Rodimarte di Tommaso Barea, basso-baritono dalla voce generosa e capace di piacevoli variazioni. Giuseppina Bridelli affronta Rosina con piena padronanza tecnica. Soddisfano l’orecchio anche Dave Monaco e Luca Cervoni, rispettivamente Flaminio e Cornelia. L’Erminio di Raffaele Pe non suscita l’entusiasmo sperato in quanto il suo personaggio risulta privo di quel carisma e di quella passione che potrebbero renderlo più coinvolgente. L’interpretazione è apparsa ritorta su se stessa, imprigionata in un fraseggio poco convincente.
Successo per tutti alla prima del 7 marzo 2025.
Luca Benvenuti