Anche la 15. Mostra Internazionale di Architettura – 28 maggio / 27 novembre – sente il respiro pastorale di Papa Francesco contenuto nella progettazione di ogni reparto della manifestazione veneziana orientato verso il bene comune. Il curatore della Mostra, l’architetto Alejandro Aravena, vi ha impresso un’impronta di calore umano nel ridare, in ogni futura progettazione, dignità e vivibilità alle disastrate periferie urbane delle metropoli di tutto il mondo, sudamericano ,orientali, africane e europee che siano.
A noi interessa – spiega Aravena – un’architettura volta a realizzare una civiltà umanistica, non in grazia di uno stile formale, ma come evidenza della capacità dell’uomo di essere padrone dei propri destini. Architettura dunque come strumento della vita sociale e politica, dove ci si chiede di coniugare a più alto livello l’agire privato e le pubbliche conseguenze.
In ogni settore dell’esposizione i progettisti sono impegnati alla ricerca di nuovi ambiti di azione, affrontando temi quali la segregazione, le diseguaglianze, le periferie, l’accesso a strutture igienico–sanitarie, i disastri naturali, la carenza di alloggi, la migrazione, la criminalità, il traffico, lo spreco, l’inquinamento, la partecipazione delle comunità. Non una architettura volta al puro estetismo, ma concentrata in una missione sociale tra le varie comunità del globo.
Lo stesso “logo” della Manifestazione in cui una signora, sbilanciata su una scala, scruta l’infinito vuoto di una landa spopolata di umani e di abitazioni, è il simbolo dell’inanità insensata, ma insieme occasione di riprendere la speranza di rilanciare la costruzione nel segno di una fraternità sociale nel gettare ponti e dialogo tra architettura e società in un rinnovamento creativo ricco di soluzioni in favore dell’umanità e del territorio.
Oltre ai Giardini e all’Arsenale, sedi principali, tutta la città è coinvolta, ospitando i padiglioni stranieri nei palazzi veneziani.
Si orienta maggiore attenzione alla ricostruzione e alla rivitalizzazione delle città nei territori che sono stati e sono teatro di conflitti. Non una Mostra per soli addetti ma un colloquio chiarificatore e illuminante con tutti quelli che contribuiscono a realizzare una convivenza accettabile e dignitosa; per tale finalità, questa Biennale é ricca di incontri con architetti e con i protagonisti dei fenomeni rappresentati.
Sessantuno i Padiglioni dei Paesi partecipanti. Tre padiglioni ospitano progetti speciali tra cui quello di Forte Marghera dell’ arch. Stefano Recalcati con l’obiettivo di una rigenerazione urbana e riconversione produttiva di Porto Marghera. Il Padiglione della Sala d’Armi all’Arsenale è dedicato alle Arti Applicate che hanno lo scopo di affrontare il tema delle minacce che incombono sulla salvaguardia dei siti del patrimonio globale dell’umanità, indagando in che modo la produzione di copie può aiutare nella preservazione degli artefatti culturali.
Cinquantatré Facoltà di tutto il mondo hanno aderito al Progetto Biennale Session con la finalità di offrire condizioni favorevoli a queste istituzioni per entrare nel condivisione creativa nei vari settori della Mostra.
Un esempio eclatante che traduce gli intenti del direttore della Mostra è lo Stratagems in Architecture: Hong Kong in Venice all’Arsenale: i curatori asiatici hanno preso spunto dai “Trentasei stratagemmi”, una collezione di tattiche militari dell’antica Cina, per applicarli alle nuove sfide, in campo sociale, che devono affrontare gli architetti contemporanei che riprogettano Hong Kong. Sempre impegnati nel contesto di rinnovamento sociale sono gli architetti veneziani dello Studio Tamassociati con il loro progetto volto a dare case per residenti all’interno del tessuto del centro storico veneziano. All’interno delle loro tre sezioni nel Padiglione Italia progettano studi per le aree degradate del Paese.
Importantissimo rilevare che nello studio Tamassociati è stato realizzato il progetto di Renzo Piano esposto nel Padiglione Italia inerente al nuovo ospedale di cardiochirurgia pediatrica donato a Emergency, che l’Associazione fondata da Gino Strada sta realizzando in Africa a Entebbe, in Uganda, sulle sponde del lago Vittoria.
E’ auspicabile salire anche noi sulla scala immaginata dal Logo come fece l’archeologa Maria Reiche per scorgere dall’alto che le cose si trasformano in sogni tendenti a regalare all’umanità speranza e costruttività materiali e spirituali.
In collaborazione con Farida Monduzzi