A Venezia in questi giorni l’aria è diventata più frizzante, le persone corrono da una calle all’altra in una sorta di eccitazione generale. È arrivato il momento atteso: l’apertura della 57. Esposizione Internazionale d’Arte. Christine Macel, quarta direttrice donna nella storia della Biennale dopo il duo Rosa Martinez-Maria de Corral del 2005 e Bice Curiger nel 2011, presenta un’esposizione più leggera e colorata rispetto allo scenario della precedente edizione.

Nel 2015 il burrascoso mondo contemporaneo è penetrato nel tempio dell’arte, invitato da Okwui Enwezor e dagli artisti che, senza perdere il loro tocco poetico, ne hanno evidenziato le diverse criticità. Con VivaArteViva Christine Macel punta invece a una riscoperta della dimensione dell’artista, creando uno spazio dove l’artista è invitato a esprimere pensieri, visioni, procedimenti e a entrare in contatto con il pubblico.

Il racconto di Macel è diviso in 9 capitoli chiamati Transpadiglioni, ciascuno è un contenitore di artisti e opere raggruppati insieme sotto un’etichetta a volte poco fantasiosa: il Padiglione delle Gioie e delle Paure, delle Tradizioni, della Terra, dei Colori

Il Padiglione degli Artisti e dei Libri ai Giardini è intimo e poetico, interpreta il libro come una culla di sensazioni e ricordi. Invece all’Arsenale il Padiglione degli Sciamani attira l’attenzione poiché ospita una grande capanna al cui interno il visitatore può rilassarsi e entrare nel mood dello “sciamano” Ernesto Neto. Mentre Pauline Cournier Jardin ha colto il senso del Padiglione Dionisiaco invitando a entrare in una grotta barocca contemporanea per osservare il video Grotta Profunda Approfundita, una storia di estasi e baccanali.

In questa esposizione si percepisce un profondo legame tra avvenimenti del mondo esterno e visione interiore dell’artista, un’influenza silente ma tenace della nostra epoca che si riflette nella caoticità di impressioni, materiali, forme e colori che costituiscono le opere degli artisti. Colpisce anche la volontà di questi artisti contemporanei di esprimersi attraverso pratiche artigianali e secolari come il cucito. Ago e filo sono i protagonisti di buona parte delle Corderie, diventano poesia nelle opere di Maria Lai o strumento con cui il pubblico partecipa all’opera di David Medalla. Questi fili colorati, forse a casa loro nell’ambiente delle “corderie”, attraversano i diversi padiglioni intessendo storie, sogni, avvenimenti con i materiali più disparati, dalla lana alla china.

I percorsi dell’esposizione sono fluidi, anche se gli spazi di Giardini e Arsenale vengono chiaramente percepiti in modo diverso con la conseguenza che il Padiglione Centrale ricrea un ambiente più intimo rispetto agli immensi spazi dell’Arsenale. Lo stesso ingresso alle sedi è diverso, un poco sottotono e vuoto in Arsenale mentre la facciata del Padiglione Centrale ai Giardini richiama il pubblico attraverso il drappo colorato di Sam Gilliam e lo proietta immediatamente nell’universo degli artisti.

La presenza dei video in entrambe le sedi è emozionante e contenuta, il suono e la musica sono tra i protagonisti di questa esposizione (Anri Sala, Kader Attia, Marcos Avila Forero, Alicja Kwade…).

Con “VivaArteViva” il pubblico ha la possibilità di avvicinarsi all’artista e di instaurare un dialogo, un’occasione preziosa per entrare in sintonia con l’arte, ma anche per capire di più noi stessi e il mondo.

Nella foto di copertina l’opera di Sheila Hicks all’Arsenale – Copyright NonSoloCinema.com – Giacomo S. Pistolato