Yann Tiersen in concerto a Bologna

Chi l'ha visto?

Avrei voluto recensire il concerto di Yann Tiersen a Bologna, ieri, al Teatro Antoniano. Avrei voluto, ma l’unica cosa che posso fare è raccontare l’esperienza di uno dei concerti peggio organizzati della storia.

Cominciamo con l’annuncio, arrivato poche ore prima del concerto, che l’evento sarebbe stato spostato dal Parco Caserme Rosse (quindi all’aperto), al Teatro Antoniano. Già questo mi aveva lasciata un po’ perplessa, visto che gli spazi dell’Antoniano non sono minimamente paragonabili a quelli del Parco. Ma tant’è, “sapranno quello che fanno” ho pensato.

Il concerto doveva iniziare alle 20:30. Sul sito di TicketOne, rivenditore ufficiale, si parlava solo di Yann Tiersen, non erano citati altri interpreti o gruppi spalla. Alle 20:30, in un Teatro accalcatissimo (come avevo temuto), ci siamo solo noi: gli spettatori. Col nostro bel biglietto in mano ci rivolgiamo alle maschere per ricevere una nuova assegnazione del posto. “Mettetevi dove volete”, ci rispondono. E così salta ogni divisione tra chi aveva pagato di più e chi aveva pagato di meno; ma quel che è peggio, gli ultimi arrivati finiscono in piedi, o seduti per terra.

Come dicevo, l’Antoniano ha degli spazi abbastanza limitati: ci ritroviamo tutti schiacciati l’uno addosso all’altro, sfiniti e sudati dopo soli dieci minuti. Segnalo anche che i corridoi e le uscite di sicurezza erano completamente bloccati da casse e strumentazioni varie, a sottolineare come la deviazione sull’Antoniano sia stata davvero una scelta last minute, non pensata e sicuramente infelice.

Alle 21:00 finalmente qualcuno sale sul palco. Non è Yann Tiersen. Per oltre mezz’ora Quinquis si abbandona alla sua performance: dei pezzi elettronici piuttosto semplici, che non presentano alcuna ricerca sonora. Ci chiediamo come un’artista di così poco talento sia arrivata a dividere il palco con Yann Tiersen, E’ presto detto: Quinquis è, infatti, la moglie. Un concerto in famiglia, insomma.

Dopo la sua performance, aspettiamo ancora venti minuti, mezz’ora. Yann Tiersen non si vede. Io, personalmente, non lo vedrò mai. Alle 22:00 (un’ora e mezza dopo l’inizio del concerto) faccio saccoccia. Con me molti altri. Il foyer è intasato di spettatori delusi. Chi protesta con lo staff dell’Antoniano (evidentemente impreparato); chi, semplicemente, se ne va. Insomma, una delusione totale.

Ci sentiamo presi in giro, dall’organizzazione che ha cambiato location, orario, ci ha forzato ad ascoltare un’interprete che non era nemmeno menzionata, né sul sito né sui biglietti. Con l’artista, incurante, che ci ha fatto attendere ore nonostante il pubblico abbia tentato ripetutamente di portarlo sul palco, con grida e applausi immeritati.

Ho sempre apprezzato Yann Tiersen, per la sua capacità di evolvere e cambiare, senza lasciarsi incollare addosso etichette (“quello della Valse d’Amélie”). Ogni disco è completamente diverso dall’altro e di quest’ultimo, “11 5 18 2 5 18” si diceva un gran bene. Ma pare che, come accade a molti, Tiersen sia arrivato alla felice età in cui si vive di rendita, si vive del proprio nome, di quanto si è costruito prima. Ce ne andiamo dall’Agnese delle Cocomere, un’istituzione a Bologna, alla quale Lucio Dalla ha dedicato anche una canzone. Cercavamo la poesia, ma non era all’Antoniano: stava in una fetta d’anguria, mangiata in una notte d’estate, sotto la superluna.

https://www.ticketone.it/

https://www.yanntiersen.com/